lunedì 14 settembre 2009

I GIOVANI E LA RELIGIONE

Dopo una lunga esperienza pastorale in mezzo ali ragazzi e i giovani, ho riscontrato una grande a difficoltà da parte de giovani a conciliare: “Gioventù e Religione”. Un tempo si parlava di giovani, perché era facile individuare il periodo giovanile ben definito, dove si potevano individuare storie di giovani molto simili. Con il passare degli anni è aumentata la differenza nella maniera di vivere, che ha portato a esaltare di più gli aspetti relazionali.

D'altra parte è anche possibile riconoscere nei giovani alcune grandi tendenze comuni. La religione,
e quella
cattolica in maniera più marcata, si presenta come un sistema ben articolato di credenze, ideali, norme, istituzioni e riti.

Altro, però, è la religione, altro è il vissuto
religioso dei giovani, il quale tende a non identificarsi strettamente con una religione, ed una istituzione religiosa.
Questo però implica il rischio una certa ingenuità. Tutti siamo convinti che la giovinezza è una realtà fondamentalmente ambigua, cioè aperta a sviluppi positivi e negativi,

che dipendono dal tipo di accompagnamento che il giovane avrà ricevuto. Con la crisi delle ideologie, alla fine del secolo scorso appare la crescita del bisogno religioso, che mostra fenomeni che difficilmente si possono ignorare. I giovani sono in prima linea, nel testimoniare il sentimento religioso. Ma il bisogno di spiritualità viene percepito come qualcosa di personale, che interessa l'individuo e che pertanto spetta valutare solo al soggetto. La dimensione affettiva svolge un ruolo importante nella vita e nella ricerca religiosa dei giovani. Al “Credo” (“credo o faccio questo perché é vero”), si sostituisce “il Credo” del benessere (“credo o faccio questo perché mi fa stare bene o perché sto bene con te che lo fai”).Si va da un generico bisogno di interiorità alla ricerca di una ricerca di spiritualità. Al di là di tutto ciò, io penso che è utile esaminare il tipo di rapporto
che intercorre tra nuove generazioni e la religione. Il credente è convinto che il Dio della storia sia presente ed agisca in ogni generazione, ad ogni latitudine ed in ogni cultura.
La verità è intesa come ragionevolezza di un assunto, e la religione passa in secondo piano rispetto alla risonanza emotiva che esso suscita nel soggetto. L’apertura dei giovani alla dimensione
religiosa ha consistenza qualitativa e quantitativa inedita e inaspettata; però necessita di
un’azione educativa competente e puntuale da parte della comunità adulta. La potenzialità e insieme la disponibilità attuale del mondo giovanile è marcata dall’espressione utilizzata dai vescovi italiani, che
hanno definito i giovani “talento” della Chiesa. Se tale consapevolezza, da parte degli adulti, non dovesse sfociare in un’azione efficace di “investimento”, essi non potrebbero produrre i frutti che sono in grado di dare, ed il servo fannullone sarebbe gettato la dove è pianto e stridore di denti (cf. Mt 25, 14-30).

Rio Branco 14 settembre 2009.

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